domenica 17 agosto 2014

Anche quest’anno centomila alla Faradda. Anzi, di più…

Lo dico? Lo dico! Oltre centomila! Ma dove?
La Faradda è passata anche quest’anno. Stessi colori, stessa passione, stessi suoni di sempre. Per un sassarese il 14 agosto è il momento più importante dell’anno. Da un po’ di tempo, dal 2006, con un paio di buchi, ho preso l’abitudine di seguire la parte conclusiva in chiesa, a Santa Maria. Privilegi del cronista, ovvio (ho raccontato tutto su www.sardegnadies.it/discesa-dei-candelieri-2014, un lavoro immane). Intorno a me il solito nugolo di fotografi, cameramen e tanto altro. Oltre agli imboscati, quest’anno (finalmente) pochi. Vivere la Faradda in chiesa per un sassarese è il massimo. È l’ora più bella, perché più umana, più vera, più silenziosa. Già. Silenziosa, con l’organo ed i tamburi in lontananza. Lontano da quel pubblico di trogloditi che si incontra lungo il percorso, che sono lì solo per trincare e fare casino. Minoranza dirà qualcuno. Sarà, ma per me sono insopportabili. Come i passeggini con i bambini, che ti bloccano il passaggio, che sembra siano pronti ad attentare alle tue ginocchia (e a me ne è rimasto solo uno di ginocchio): cosa vedranno quei poveri piccoli da lì sotto me lo sono sempre chiesto.

domenica 20 luglio 2014

Quando mi piaceva il calcio /2

Dicevamo di Berlusconi. Primavera 1987. Il Milan è in difficoltà. L'allenatore Nils Liedholm, detto “Il Barone”, viene esonerato. La squadra rischia di non qualificarsi alla Coppa Uefa. Arriva Fabio Capello, che in quegli anni faceva la “spalla” a Sandro Piccinini come commentatore tv. Da Italia 7 a San Siro, quindi. Capello discettava sulle tattiche delle grandi squadre argentine ed uruguaiane e dei loro campionati. Ricordo bene il River Plate e il Boca, ma anche i favolosi derby tra il Nacional ed il Penarol di Montevideo. Capello, dalla mascella alla Braccio di Ferro, ancora senza occhialini, permise al Milan di andare in Coppa Uefa. Non ricordo con chi vinse lo spareggio, forse con la Roma. Non importa, non è questo il punto. Allora mi piaceva il Milan. Tramontata la grande Juve del Trap e di Platini, arrivato Maradona con il suo Napoli stellare, mi ero fissato con i rossoneri. Bene. In quell’estate arrivarono i primi due olandesi, Gullit, che Maurizio Mosca presentò come un formidabile colpitore di testa in elevazione («Ecco, guardate tutti quanto salta», disse Mosca in non ricordo quale trasmissione, forse “Forza Italia”, presentata da Roberta Termali, Fabio Fazio, Walter Zenga e Cristina Parodi, su Odeon Tv), e Van Basten, uno dei più grandi centravanti di tutti i tempi, protagonista di un fantastico campionato europeo per nazioni nel 1988, forse una delle edizioni più belle di un torneo ormai diventato più spettacolare e prestigioso di quello mondiale della Fifa (e prossimamente spiegherò perché). Il Berlusca, che era già tale, da presidente del Milan iniziò con le sue farneticazioni: le coppe europee non vanno bene perché le gare sono ad eliminazione andata e ritorno e noi se ci buttano fuori perdiamo un sacco di soldi, due stranieri sono pochi, facciamo anticipi, posticipi, turni infrasettimanali e altre castronerie. L’obiettivo? Chiaro, favorire le sue televisioni, che così potevano magari trasmettere le partite. E ovviamente basta con il monopolio Rai. Bene, quell’estate le reti Fininvest, in particolare Italia Uno, iniziò a trasmettere gli allenamenti del Milan… Gare surreali tra un Milan 1 e un Milan 2. E via discorrendo. L’allenatore Arrigo Sacchi, appena arrivato dal Parma, sembrava uno che sapeva il fatto suo. Il campionato alla fine lo vinse davvero, superando alle ultime giornate un Napoli che perse al San Paolo in una partita davvero “curiosa”. Prima ancora però, in autunno, il Milan fu estromesso dalla Coppa Uefa. Ricordo che giocò a Lecce, perché il Meazza era stato interdetto per una giornata di squalifica del campo, contro lo Sporting Gijòn. Vinse per 3 a 0, con un giovanissimo Paolo Maldini, che in quella partita giocò terzino destro e non sinistro per quello che a me sembrò un capriccio di Sacchi. Ma al turno successivo i rossoneri furono eliminati dall’Espanol, sconfitti al Sarrià di Barcellona per 2-0.

Quando mi piaceva il calcio /1

In questi giorni di pausa “autoforzata” (mi sono imposto una sorta di riposo: ne parlerò prossimamente in un altro post) sto a casa un po’ più del solito. Per chi tenta di fare il cronista di politica (cittadina, perché questa è la dimensione) il fatto che il Consiglio comunale ancora non lavori a pieno regime è sinonimo di vacanza. Si scrive d’altro, per fortuna, perché la politica non è solo comunicati della Giunta. Le dichiarazioni dei nostri bravi rappresentanti in Comune si raccolgono lo stesso. E si scrive. Ma anche si riflette.
Una settimana fa finiva il Mondiale di calcio. Una edizione, quella che si è svolta in Brasile, davvero brutta. Per chi come me, e siamo tanti, ha passato l’adolescenza con negli occhi il Mundiàl del 1982 assistere a partite come queste dello scorso giugno è stato a dir poco sconvolgente. Io, tra l’altro, posso confessare, e questo può costituire una sorpresa per chi mi conosce, di essere stato drogato di calcio in gioventù. Diciamo dal 1982 al 1986, dai 10 ai 15 anni, grossomodo, quattro anni fondamentali per la formazione di un uomo. Seguivo tutto quello che si poteva seguire. Proprio grazie a quella vittoria della Nazionale italiana in Spagna entrata nella storia arrivò, per me e per i miei coetanei, tutto il resto. Si partiva dalle figurine Panini (due album completati, tra cui quello del campionato 1982-83 che conservavo fino a qualche anno fa e chissà adesso dov’è, nascosto in qualche angolo in cantina o in campagna…), alle dirette televisive di tutte le partite possibili e immaginabili, alla lettura della Gazzetta dello Sport (meno il Corriere, nulla Tuttosport), a 90° Minuto (un rito ogni domenica), La Domenica Sportiva ed il Processo del Lunedì. E poi a scuola, ed ero alle Medie, era tutto un discutere di calcio. La mia era poi una sezione maschile. Non si parlava d’altro tra di noi. A dirla tutta ogni tanto faceva capolino qualche altro sport, due in particolare, il ciclismo (Saronni o Moser?) e l’atletica, mai quotidianamente. Per noi sassaresi esisteva anche la Torres, un po’ il Cagliari. Ma eravamo tutti juventini. Con l’arrivo di Michel Platini ecco la sublimazione totale della nostra passione. Perché quella Juve era anche la nazionale di Bearzot, un blocco di amici prima ancora che di calciatori. Si inseriva qualcuno ogni tanto, un Altobelli, un Collovati, ma basta. La Juve vinceva anche in Europa. Una coppa all’anno, la Coppa delle Coppe prima e poi quella dei Campioni, purtroppo “sporcata” dalla tragedia dell’Heysel. Quell’evento per me fu un momento di scoramento totale: non concepivo che per un gioco, seppure così coinvolgente, si potesse morire. Ma passò.

sabato 19 luglio 2014

Ho deciso: torno online...


Dopo alcuni mesi di pausa ho deciso di resuscitare questo blog personale. Non che mi sia mai fermato a scrivere. Tutt’altro. Ho anzi scritto di più, da marzo ad oggi, che non a gennaio e febbraio. Ho infatti fatto rinascere il mio giornale online, con un altro nome e senza la sezione sarda. Troppe delusioni da un lato (e parlo dei finanziamenti pubblici mai arrivati proprio a favore di quella porzione di sito tutta in limba, scritta secondo le regole della Lsc). E grande nostalgia dall’altro. Non c’è niente da fare: chi ha la scrittura nel sangue non riesce a fare a meno di mettere qualcosa nero su bianco. E io, nel mio piccolo, nel mio minuscolo angolino di mondo, sento proprio di avere acquisito negli enni qualcosa di morbosamente perverso. Una sorta di eccitazione che mi conquista quando metto qualcosa per iscritto. Chissà, magari sono queste le elucubrazioni di un folle. Preferisco non pensarlo. In ogni caso, dallo scorso mese di marzo, SARdies è tornato online, ma con un altro nome, www.sardegnadies.it.

martedì 25 febbraio 2014

Conto alla rovescia per il nuovo sindaco di Sassari. Ganau incompatibile, si voterà (forse...) il 25 maggio. Il nodo Primarie nel centrosinistra: quattro nomi nel Pd (ed uno a sinistra)


Niente dimissioni. Per Ganau il mandato da primo cittadino non si chiuderà in questo modo. Un’uscita prospettata da tanti (ed auspicata, dall'opposizione ovviamente), che però non conoscono le reali implicazioni che comportano le dimissioni. Ovvero l’azzeramento di Giunta e Consiglio comunale e l’arrivo di un commissario (non più prefettizio ma nominato dalla Giunta regionale). La soluzione alla situazione di impasse a Palazzo Ducale era già stata anticipata la settimana scorsa direttamente in Consiglio comunale.
 «Ci sono regole e leggi che governano la democrazia, che prevedono l’incompatibilità tra le cariche di sindaco e di consigliere regionale e che scattano in un determinato momento. È evidente. Deciderò quando mi arriverà questa comunicazione. Le dimissioni comportano altre conseguenze: lo scioglimento del Consiglio comunale e l’arrivo del commissario. Le dico di studiarsi la legge prima di parlare. Le dimissioni sono un atto volontario che non c’entrano nulla con l’incompatibilità», aveva detto Ganau in Consiglio comunale rispondendo a Giancarlo Carta che ne sollecitava le dimissioni. Parola più dirette, a quanto pare, erano state pronunciate qualche ora prima durante la seduta di Giunta. Con una specificazione molto importante: è meglio che si voti a maggio. Punto. Discorso chiuso a qualunque ipotesi di prolungamento della “consigliatura” fino a scadenza naturale, con il vicesindaco Gavino Zirattu a capo della Giunta in sostituzione dello stesso Ganau. D’accordo tutti gli assessori, unico assente, guardacaso, il solo Zirattu (impegnato nella Penisola). La parola definitiva la dirà insomma il sindaco stesso, recordman delle preferenze lo scorso 16 febbraio (più di 10mila, il più votato in Sardegna, in assoluto, non solo nel Pd). Potrebbe essere una dichiarazione a sgombrare il campo da alcune nubi che si stanno addensando su Palazzo Ducale. Il ragionamento è semplice. Non tutti vogliono che si voti a maggio (il 25 è il giorno utile, con le europee, tra l'altro in concomitanza con la Processione del Voto, la seconda festa cittadina, dopo i Candelieri e molto più sentita dai sassaresi della Cavalcata Sarda): se Ganau non si dimette c'è la possibilità di tirare la carriola ancora per un altro anno, fino alla scadenza naturale del 2015. Tutto è legato alla parola “incompatibilità”. Un sindaco è incompatibile con il ruolo di consigliere regionale (mentre è candidabile ed eleggibile). Ma quando Ganau diventerà incompatibile? Ed a quel punto cosa sceglierà? Diventare consigliere regionale? O rimanere sindaco? È quasi pacifico che lui stesso voglia andare a Cagliari. E qualche segnale c'è già, proprio a Palazzo. Il suo ufficio, raccontano, è già bello che ripulito: via le foto ed i ricordi personali, tranne una, con gli amati Candelieri. Ma tutto il resto non c'è già più.

sabato 22 febbraio 2014

Cossa (Riformatori): «In Sardegna abbiamo il Porceddum»

Michele Cossa
Cagliari - «Un Porceddum, che fa impallidire il Porcellum di Calderoli. La legge elettorale senza soglie di sbarramento porta in Consiglio regionale una maggioranza con ben 11 partiti diversi, di cui 5 con un solo consigliere regionale e 4 con due consiglieri. Risultato: per far posto ai partiti da prefisso telefonico che rappresentano solo se stessi, vengono lasciati fuori candidati della stessa maggioranza con migliaia di preferenze ed entrano dalla porta principale persone con poco più di 600 voti. E questo renderà il nuovo Consiglio regionale ingovernabile, sotto ricatto dei piccoli e piccolissimi che avranno un potere di interdizione nei confronti del presidente della Regione non indifferente». Lo sottolinea Michele Cossa, coordinatore regionale dei Riformatori sardi, al temine della riunione con i candidati del collegio di Cagliari e il coordinamento provinciale di Cagliari. Nei prossimi giorni seguiranno altre riunioni nei territori, in particolare lunedì Sassari e mercoledì a Nuoro.

Il dopo Ganau a Palazzo Ducale: e se ritornasse Giacomo Spissu?

Giacomo Spissu
Ma davvero sono questi i nomi che si fanno per la successione a Ganau? Me lo hanno chiesto diversi amici, dopo aver letto il testo che ho messo online l’altro giorno nel mio blog, formalmente semiclandestino, perché mica l’ho mai pubblicizzato (eppure quell'articolo ha avuto ben 38 letture nei primi 4 minuti! Ed era quasi mezzanotte. Adesso ha superato le 2mila visualizzazioni). E, a dirla tutta - faccio un inciso - non so neanche se mantenerlo in vita, perché è un sito provvisorio, che si appoggia ad una piattaforma tutta gratuita. Dovrei preparare una cosa del tutto diversa, ricorrere ad un cms come wordpress o joomla (meglio il secondo del primo per un giornale online, ma non per un blog), lanciare il sito su facebook e… Insomma non ne ho voglia. Non tanto per la fatica fisica (ai bei tempi di Sardies mettevo online da solo anche 15 pezzi, recuperavo 4-5 notizie pesanti, sempre da solo, con tanto di galleria fotografica: il sacrificio insomma non mi spaventa) quanto per la più che certa successiva delusione. Soldi non ce ne sono e a Sassari gli imprenditori che li hanno per campagne pubblicitarie serie sono troppo in là con gli anni per capire che il web ha già vinto sul cartaceo. Un giornale online va veloce, arriva subito, è immediato, è molto più democratico perché è in grado di dare spazio a tutti ed è soprattutto più vicino alla realtà. E poi, alzi la mano chi ha visto un ventenne di oggi leggere un giornale stampato. Chi alza il ditino? Nessuno? E certo che è così. Le nuove generazioni sono legate a smartphone, ipad, iphone, netbook, facebook e twitter. Le notizie passano lì, punto e basta. Un giornale stampato, un quotidiano tradizionale, è legato alle generazioni over 50, che magari se lo comprano per sapere se qualche coetaneo è passato a miglior vita. Lo vedo tutti i giorni con i miei familiari: prima controllano le necrologie, poi, una volta sfogliato il resto del giornale, per informarsi veramente, dicono loro, si affidano alla tv, Rai e Videolina. Ma non è di questo che dovevo scrivere.